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Mittwoch, 18.12.2024

Nessuna pace con la NATO


Evidentemente la politica imperialista ha bisogno delle proprie messinscene di potere. In primavera 2009 avrà luogo il prossimo evento. La NATO ha deciso di festeggiare il suo sessantesimo anniversario con un vertice a Kehl e a Strassburgo

- deutsch: Kein Friede mit der NATO! oder: Das Recht auf Revolution
- englisch: No Peace with NATO! Or: The Right to Revolution
- französch: AUCUNE PAIX AVEC L’OTAN ou LE DROIT A LA REVOLUTION

Nessuna pace con la NATO

Evidentemente la politica imperialista ha bisogno delle proprie messinscene di potere. In primavera 2009 avrà luogo il prossimo evento. La NATO ha deciso di festeggiare il suo sessantesimo anniversario con un vertice a Kehl e a Strassburgo

Accanto alla festa dell’anniversario (un’ulteriore occasione per proclamare ancora una volta la propria interpretazioni di libertà e democrazia), la NATO darà il via a una nuova strategia sotto lo slogan “Towards a Grand Strategy for an Uncertain World” che deve diventare la nuova dottrina NATO. I militari mirano a tradurre definitivamente il vecchio slogan nel quale la NATO definisce “cosa nostra” tutto il mondo in una base per interventi, inclusi gli interventi militari a livello globale e gli attacchi nucleari preventivi contro “stati canaglia”.
60 anni NATO: l’occasione per sfruttare il palcoscenico dei guerrafondai con una forte mobilitazione internazionale. Presentandosi con Glamour i “Master of War” si rendono vulnerabili dandoci la possibilità di contrastare i responsabili di guerre e azioni in tutto il mondo. Le giornate di Heiligendamm nel 2007 hanno evidenziato quanto la collaborazione di tutte le forze sia stata capace di creare una interferenza organizzata in grado di riavviare sia i processi emancipatori che la critica collettiva.

Fronte Globale
La guerra non è un modello in esaurimento, anzi; il nuovo ordine globale non conosce più la pace senza guerra. Nella lingua di Orwell: Guerra è Pace. Il “modello classico”, che prevedeva che la guerra dovesse essere dichiarata ufficialmente, è terminata. Con gli accordi di pace, invece, le guerre imperialiste non terminano mai. Queste guerre non si affermano semplicemente con spari e bombe. “Politica di sicurezza” e “Gestione delle crisi” vengono attuate da strutture come FMI, Banca Mondiale, G8 o, appunto, dalla NATO. Si chiama “Global Governance”, che significa, più che altro assicurarsi il mercato mondiale, accesso illimitato alle risorse, difesa dei privilegi e del modo di vivere dell’occidente e contemporaneamente selezione e marginalizzazione di una stragrande maggioranza della popolazione dell’“altro mondo”, vale a dire i paesi ridotti alla fame, le periferie di cemento, le Favelas o i centri per gli immigrati.
Le analisi imperialiste sono: “L’invisibile mano del mercato non funziona senza il pugno visibile. McDonalds non puo crescere senza McDonnel Douglas, produttore degli F15. E questo pugno visibile che fa da garante per le tecnologie di Silicon Valley si chiama US-army, US-airforce, US-navy e US-marines.”
Riflessioni del consigliere speciale del ex-US ministro degli esteri Madeleine Albreight in occasione dei bombardamenti della NATO in Yugoslavia. E quel che vale per McDonalds e McDonnel vale nello stesso modo per Volkswagen e EADS [grande azienda europea nel settore aerospaziale - ndt]. Nel frattempo la Germania non fa più da osservatore delle nuove guerre, ci sta in mezzo; questa ormai è diventata realtà quotidiana nella politica tedesca.
Dobbiamo accennare un altro aspetto: “Rent a War” perché nelle nuove guerre operano accanto agli eserciti regolari un crescente numero di mercenari moderni.
Deregolamentazione e privatizzazione cambiano anche la politica di sicurezza transnazionale. Oltre alla produzione di armamenti, la sicurezza è diventata un settore economico al quale partecipano molti fornitori di prodotti e servizi militari e di sicurezza. La loro gamma di prodotti è vasta: logistica, security, operazioni segrete, tortura, costruzione di campi, progettazione strategica e operativa delle guerre fino a missioni speciali in tasca la licenza di uccidere. Attualmente questo settore si rallegra di un fatturato di più di 100 miliardi di dollari l’anno. In tutte le fasi della storia i militari hanno dovuto affrontare il fatto che la disponibilità ad accettare le guerre, e particolarmente quando il numero dei morti nelle truppe “proprie” è alto, scende molto velocemente; ne fa testimonianza storica la guerra in Vietnam e stiamo assistendo a un simile sviluppo anche in Iraq e in Afghanistan. Perciò diventa sempre più necessario che gli attori privati sostituiscano quelli statali.

All’interno lo stato totale,
all’esterno potere globale

L’Europa non è un’alternativa alla politica di guerra americana. I progetti strategici che sono stati avviati negli anni 80 – mercato europeo interno, cooperazione tecnologica e di armamenti - dovrebbero giungere a conclusione nel 2010 – data orientativa nella scaletta decisa dai capi di stato e di governo durante il vertice straordinario del 2000 a Lissabon per portare a termine il progetto di fare dell’Europa lo spazio economico più dinamico e competitivo del mondo.
Tradotto in pratica questo progetto ha portato all’interno degli stati UE privatizzazione, deregolamentazione, riforme dei sistemi tributari e sociali e ristrutturazione del mercato del lavoro, Agenda 2010... l’antifona che ormai conosciamo tutti. E il passaggio dal welfare al warfare, dallo stato sociale allo stato di polizia e di repressione. E la dottrina della “tolleranza zero” per disoccupati, micro-criminalità e immigrati senza documenti.
All’esterno per l’UE significa imporre gli interessi politici e economici a livello globale, un progetto che necessita una politica militare autonoma. L’esperienza della guerra contro la Yugoslavia ha contribuito non poco allo sviluppo di questo progetto: allora l’UE non era ancora in grado di condurre una guerra autonomamente. Per questo oggi si parla di affiancarsi agli USA ma come potenza autonoma lungo l’asse Parigi/Berlino. La NATO è lo spazio centrale, non è dunque una coincidenza che l’anniversario abbia luogo in Germania e in Francia. La Francia sarà reintegrata completamente nella NATO, con tutto il suo armamento nucleare. Old Europe è storia, anche se l’anti-americanismo di stanza socialdemocratica ancora si rifiuta di realizzare questo sviluppo.
Ma la guerra non si svolge solo al di là delle frontiere. Nella architettura di sicurezza globale i concetti di interno ed esterno hanno tendenzialmente cessato di esistere. Sono due le cause principali di questo fenomeno. Da un lato il processo capitalista di trasformazione nei paesi del centro non è né stabile né privo d’attrito e necessita di un massiccio controllo sociale da parte dello stato. Sorveglianza video capillare, manette elettroniche, impronte genetiche, raccolta e accumulazione di qualsiasi informazione: tali misure sono destinate in modo preventivo all’antagonismo, alle contraddizioni sociali, agli scioperi e alle rivolte.
Inoltre, la “guerra al terrorismo” si svolge all’interno degli stati occidentali stessi e serve a disciplinare la società e ad imporne una struttura autoritaria. “Sovrano è chi decide sullo stato d’emergenza” ha scritto allora il pubblicista nazista Carl Schmitt. Percorrendo la strada verso lo stato totalitario vengono cancellate le basi democratiche più essenziali, come per esempio la divisione tra l’utilizzo delle forze di polizia e quello dei militari; come a Heiligendamm, dove i Tornado della Bundeswehr servivano da ricognitori o i soldati della Bundeswehr presidiavano i campi di prodotti genetici. O la divisione tra i compiti della polizia, del militare e dei servizi segreti. Fa parte di questo cambiamento la banca dati anti terrorismo che viene gestita e usata da 38 strutture investigative in Germania oppure il dibattito su un consiglio di sicurezza che sia in grado di agire al di là del Parlamento.
Vengono creati nuovi parametri, parametri che stanno caratterizzando tutte le dinamiche sociali e politiche nel mondo. Uno sviluppo particolarmente evidente quando si parla della tortura, visto che non solo è nuova la dimensione globale dei sequestri, delle torture e dei Lager ma è soprattutto da notare la massima naturalezza con cui chiunque discuta sul diritto di torturare, ovviamente solo come eccezione e per buoni motivi. Qualche anno fa una tale discussione sarebbe stata decisamente respinta suscitando proteste. Nella situazione attuale coloro che approvano la tortura non trovano grandi contraddizioni; il problema non sono, dunque, solo i torturatori ma anche i loro sostenitori colti nelle università a nei talkshow.

Il nuovo nemico
Sicurezza è uno slogan centrale nella “guerra contro il terrorismo”. Ma gli stati occidentali richiedono una sicurezza per i loro progetti che a livello mondiale non esiste e che ai popoli del sud viene addirittura negata. Una storia che è vecchia quanto il colonialismo stesso. Le benedizioni della civiltà capitalista è sempre stata progettata solamente per la classe privilegiata nelle metropoli. Il resto del mondo deve affrontare gli impatti distruggenti e disgreganti di questa “civiltà”.
La globalizzazione capitalista e le nuove guerre imperialiste sono due lati della stessa medaglia. E’ il tentativo di controllare militarmente la crisi creata dalla accumulazione di capitale senza essere mai in grado di risolverla. Dal Kosovo alla Palestina, da Bagdad a Kabul, dalle Favelas delle Megalopoli del sud alle Banlieues e ai ghetti delle metropoli: stiamo assistendo ad una espansione del militare in tutte le sfere delle società sotto il dominio occidentale. Uno sviluppo che diventa particolarmente chiaro nella militarizzazione delle politiche sull’immigrazione dell’UE che è strettamente legata alla politica di sicurezza e di guerra imposta dagli stessi stati. La cooperazione nell’ambito di FRONTEX [l’agenzia europea per la sicurezza delle frontiere – ndt] e l’internamento di profughi nei campi fuori della fortezza Europa sono entrambi elementi centrali di questa politica.
Cellula “dormiente”, combattente illegale oppure immigrato illegale: il ventaglio delle minacce è svariato e definisce un individuo pericoloso per le isole del benessere metropolitane che viene dichiarato fuorilegge, vale a dire fuori del diritto e della società, che può essere eliminato in caso di emergenza. Si punta alla guerriglia, ai ribelli, ai processi sociali di resistenza, ai flussi di migrazione e contemporaneamente ai signori della guerra, ai “guerrieri di Dio” islamici e alle reti come Al Qaida.
Tra gli attivisti colpiti ci sono le vittime del processo di decadimento sociale e delle guerre di ripartizione e i protagonisti di antagonismi sociali e ribellioni che costituiscono la base di futuri movimenti rivoluzionari. Ben sapendo che va affrontato negli anni a venire non è per caso che il nuovo Field Manual dell’esercito americano è titolato “Counter Insurgency”.
Analizzando le lotte di classe a livello internazionale dobbiamo costatare che stiamo in effetti vivendo una svolta reazionaria all’interno delle rivolte, una tendenza che non va minimizzata. Un elemento che caratterizza meglio questo processo è lo sviluppo dell’Islam politico che ormai è diventato un fattore indipendente all’interno dei confronti sociali. La sua forza attuale è strettamente legata ai cambiamenti nel rapporto di forza e alla debolezza della politica emancipatrice.
E’ tuttavia anche vero che dietro le “nostre” percezioni e interpretazioni del mondo islamico sta un problema di dominio. Il colonialismo europeo è sempre stato caratterizzato dall’insieme di illuminismo e razzismo. L’espansione imperialista e la conquista delle colonie fu ideologicamente trasfigurata come civilizzazione dei “selvaggi” e liberazione dalla tenebra spirituale. Faceva anche parte della retorica missionaria il “carattere orientale” che faceva da simbolo per irrazionalità e arretratezza e trasportava l’immagine della donna muslima oppressa forzata a portare il velo. L’islam e la percezione di esso nel mondo occidentale non coincidono. Nella fase attuale è “moderno” partecipare alla creazione di una tale stigmatizzazione e essere di sinistra non è una protezione contro la mancanza della coscienza storica.

Collegare e radicalizzare le iniziative
Una parte del movimento in Germania è incline ad un dilagante bellicismo, emerso per la prima volta durante la Seconda Guerra del Golfo nel 1991. Quasi ogni frazione della sinistra in Germania ha trovato un buon motivo antifascista per giustificare una delle guerre in corso. Il tradimento ha due facce: la difesa delle condizioni nel mondo occidentale e la solidarietà con il potere. Meglio la Fanta che la Fatwa!
Uno sviluppo che sembra ancora più amaro visto che le mobilitazioni contro la guerra e l’Internazionalismo furono il momento decisivo, anzi, costituente per la radicalizzazione del movimento degli anni 80 in Germania. La manifestazione militante contro il primo pubblico giuramento dei coscritti in uno stadio di calcio è diventata parte della storia tedesca e allora ha dato il via a tutta una serie di scontri e iniziative contro la NATO e l’esercito tedesco. L’antimilitarismo fu parte integrale della sinistra del dopo guerra, e aveva collegamenti perfino nelle sfere della chiesa. Fu il filo rosso nei movimenti contro il riarmo nucleare, nella solidarietà con il Vietnam e nella campagna anti NATO che culminò nelle manifestazioni globali alla vigilia della Terza Guerra del Golfo il 15 febbraio 2003.
Dobbiamo utilizzare il vertice a Kehl/Strasburgo per mettere in piedi una forte mobilitazione antimilitarista tentando di rompere l’imbarazzante esitazione quando si parla del concetto di “Guerra”. Portando avanti questo progetto possiamo allacciarci direttamente alle esperienze di Heiligendamm. Il momento decisivo lì è stato la determinazione nell’agire e l’esperienza collettiva di contro-potere e inoltre il fatto che da un processo di azione e comunicazione è emerso un concetto dell’“insieme”.
Heiligendamm sicuramente non è stata un’azione rivoluzionaria, tuttavia per molti è stata una esperienza rivoluzionaria. Sfruttiamo i prossimi mesi per organizzare una prassi antimilitarista, social-rivoluzionaria e antiimperialista che sia variegata per quanto riguarda i mezzi ma collettiva per quanto riguarda gli obiettivi. Che sia in grado di impedire ai signori di festeggiare senza disagi e che sia contemporaneamente capace di aprire lo spazio per ulteriori discussioni e attività. Il tentativo, in ogni caso, vale la pena!
Una campagna contro la Nato non può essere che internazionale, non inizia con l’evento stesso e non termina con esso. Imboccando la strada verso Strasburgo incrociamo diverse attività che sono strettamente legate alle proteste contro l’anniversario NATO, come per esempio l’annuale mobilitazione contro la cosiddetta Conferenza di Sicurezza a Monaco oppure a livello internazionale le mobilitazioni e le iniziative contro basi militari, missioni all’estero o progetti missilistici.

Delegittimare la NATO e la Bundeswehr, schierarsi senza compromessi contro guerra e tortura, nessuna solidarietà con i progetti bellici degli USA, nessuna complicità con il potere: questi sono i punti centrali per una mobilitazione radicale che superi l’evento stesso.
Un movimento contro “il pugno visibile” della globalizzazione dipende profondamente dalla vasta gamma di movimenti che lo spingono avanti. La lotta contro la globalizzazione capitalista non va divisa dalla questione esistenziale di guerra e pace perché si tratta in fondo dell’autocontrollo della propria vita e della vita sociale.
“Il diritto di rivoluzione” ha scritto Friedrich Engels “innanzitutto è l’unico ‘diritto storico’, l’unico diritto sulla quale sono basati, senza eccezioni, tutti gli stati moderni.”

Initiative Libertad!, Luglio 2008

Infos & Termine zu den Aktivitäten gegen die NATO-Feier:

- natogipfel2009.blogsport.de - -
V.i.S.d.P.: Hans-Peter Kartenberg, Initiative Libertad!, Falkstr. 74, 60487 Frankfurt, kampagne -(by)- libertad.de


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